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al testo di Marina Pacifici
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Dove sarai ora
mia rosa dei venti, mentre la sera tinge di vermiglio la parete scrostata della mia cella d’isolamento e la Memoria di noi mi lacera il cuore con affilato artiglio. Ti rivedo signore degli alisei, inquieto e fugace a disseminar frenetici passi e rime i tuoi occhi di brace persi nella malinconia dei miei, il nostro ultimo bacio l’universo imploso della nostra solitudine. In quale remoto braccio segregato anche tu languirai nella nostra quotidiana galera. Come vedi non t’ho dimenticato, non ti scorderò mai. Mia rosa dei venti in balia della tempesta, prigioniero del fortunale. Ragazzo vestito alla marinara l’elegante cappello di paglia in testa che attende trepidante il dì di festa. Fra le labbra la viola della vita ingannevole ed amara, Nel dileguare tempestoso delle illusioni guardi volar via nel crepuscolo incendiato delle emozioni l’aquilone fugace dei tuoi sogni fra pugni di cenere e rabbia che negli occhi come sabbia ostile resta. Nell’anima in fiamme il falò indomabile della nostra nostalgia. D’illusioni bruciate al fuoco del divenire di giornate arse restano le nostre anime dolenti di ferite di salsedine cosparse. L’ardore giovanile disperso rincorrendo il vento dei sogni per le vie, i baci rubati all’ombra dell’ antico giardino. Bruciamo di rimpianto e rabbia affondano i nostri passi nella fredda rena . La folgore del perduto Amore acceca del cuore desolato l’ascosa pena. Ed ora che siamo reduci, raminghi e dispersi ognuno prigioniero nella tenebra indecifrabile del proprio dolore indugiamo nel ricordo a quei giorni di primavera fugaci e tersi. Quando amarsi era un gioco la corsa fanciullesca nella pioggia d’oro del sole tra le fronde bianche di fiori del ciliegio nel mattino e l’esistere il radioso sorriso d’un bambino. |
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